A cura di Rossella Ceccarini

CORTE DI CASSAZIONE, Sezione V penale, sentenza n. 45285 del 03.10.2023 pubblicata il 09.11.2023

La Sezione Quinta Penale della Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 45285 del 03.10.2023 pubblicata il 09.11.2023 ha ribadito che, come affermato dalla giurisprudenza della medesima Corte, alla quale lo stesso Collegio ritiene di conformarsi, “sussiste concorso tra il reato di bancarotta per distrazione e quello di autoriciclaggio nel caso in cui alla condotta distrattiva di somme di denaro faccia seguito un’autonoma attività dissimulatoria di reimpiego in attività economiche e finanziarie di tali somme, in quanto si verifica in tale ipotesi la lesione della garanzia patrimoniale dei creditori, sia la lesione autonoma e successiva dell’ordine giuridico economico, mediante l’inquinamento delle attività legali”, e che, “in tema di autoriciclaggio, è configurabile la condotta dissimulatoria nel caso in cui, successivamente alla consumazione del delitto presupposto, il reinvestimento del profitto illecito in attività economiche, finanziarie o speculative sia attuato (omissis) attraverso il mutamento dell’intestazione soggettiva del bene, in quanto la modifica della formale titolarità del profitto illecito è idonea a ostacolare la sua ricerca, l’individuazione dell’origine illecita e il successivo trasferimento” (Cass., Sez. 2, n. 13352 del 14/03/2023, PMT c. Carabetta, Rv.284477; conf. Cass., Sez.2, n. 16059 del 18/12/2019, Fabbri, Rv. 279407).

Era stata impugnata avanti alla Suprema Corte l’ordinanza emessa dal Tribunale del Riesame di Ragusa, che aveva rigettato i ricorsi di (…), persona sottoposta alle indagini, e di (…), terza interessata, avverso il decreto di sequestro preventivo – diretto e per equivalente – emesso nei loro confronti dal G.I.P. del Tribunale di Ragusa fino alla concorrenza di euro 853.932,94 su richiesta del pubblico ministero. Secondo il capo d’imputazione, il (…), in qualità di amministratore di fatto della (…) s.r.l., dichiarata fallita, avrebbe sottratto o distrutto l’impianto contabile ed avrebbe distratto tutti i beni dell’impresa – capi di abbigliamento e risorse liquide, contabilmente rilevate dal curatore fallimentare – per un ammontare complessivo pari alla somma in relazione alla quale è stato poi disposto il sequestro; il (…), in tale qualità, avrebbe illecitamente trasferito tali disponibilità ad altre società a lui collegate, amministrate formalmente dalla consorte tra il 2016 e il novembre 2018. Il pubblico ministero aveva ipotizzato a carico dell’indagato il delitto di auto-riciclaggio, potendo ragionevolmente ritenersi che, attraverso tali operazioni di trasferimento dei beni, egli avesse operato per ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa – appunto dal delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione – dei beni e del denaro trasferiti ad altre imprese e società a lui di fatto, anche tramite la coniuge, riconducibili. Il ricorrente lamentava violazione di legge ex art. 325, comma 1, c.p.p., o violazione di legge in relazione alla ritenuta sussistenza del fumus del delitto di autoriciclaggio, nonché violazione di legge con riferimento all’esecuzione del sequestro del profitto del delitto, inteso come “diretto”.

La Suprema Corte con la sentenza n. 45285 ha ricordato che, “in tema di sequestro preventivo, la verifica delle condizioni di legittimità della misura cautelare da parte del tribunale del riesame o della corte di cassazione non può tradursi in anticipata decisione della questione di merito concernente la responsabilità della persona sottoposta ad indagini in ordine al reato oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di compatibilità tra la fattispecie concreta e quella legale, rimanendo preclusa ogni valutazione riguardo alla sussistenza degli indizi di colpevolezza ed alla gravità degli stessi” (Cass., Sez. U, n. 7 del 23/02/2000, Mariano, Rv. 215840). Nel caso esaminato la condotta contestata al (…) nell’incolpazione provvisoria di autoriciclaggio sub C) – in virtù della quale è stato ordinato il sequestro preventivo oggetto dell’impugnazione – non consiste nell’operazione di mero dirottamento delle risorse patrimoniali della fallita – già addebitata al capo B) come bancarotta fraudolenta patrimoniale – ma nel reimpiego delle disponibilità, anche attraverso il loro trasferimento, in altre attività imprenditoriali a lui riconducibili, caratterizzate da diverse denominazioni e, sia pure in parte, attribuite formalmente alla gestione di terzi, tra cui la moglie. Il procedimento di “occultamento” della loro sorte, anche a riguardo della fase della “confusione” nel patrimonio e nel dinamismo operativo delle imprese di destinazione, è stato senza dubbio agevolato dalla sottrazione dell’intero impianto contabile della fallita, che ne ha ostacolato, se non del tutto impedito, il tracciamento. Tali modalità comportamentali integrano secondo la Suprema Corte il distinto delitto di autoriciclaggio ex art. 648-ter.1 c.p.


Visualizza documenti

AUTORICICLAGGIO: IL REIMPIEGO DELLE DISPONIBILITA’ DELLA FALLITA IN ALTRE ATTIVITA’ IMPRENDITORIALI