A cura della Redazione

L’avv. Dino Crivellari, of counsel di Advisora, interviene con delle “Riflessioni provocatorie sul codice della crisi” sul delicato tema del bilanciamento tra il divieto alle banche di chiudere la posizione creditoria e la normativa di vigilanza che impone di valutare il merito creditizio. Secondo l’autore il decreto legge 118, convertito dalla legge 147/2021, che ha introdotto la “composizione negoziata della crisi d’impresa”, aveva aperto uno spiraglio verso un nuovo modo di affrontare il problema delle imprese che si dibattono nei mari agitati delle difficoltà finanziarie. La modifica apportata in sede di CCII che all’art. 16 comma 5, dopo aver stabilito che “l’accesso alla composizione negoziata della crisi non costituisce di per sé causa di sospensione e di revoca degli affidamenti bancari“, ha aggiunto “In ogni caso la sospensione o la revoca degli affidamenti possono essere disposte se richiesto dalla disciplina di vigilanza prudenziale, con comunicazione che dà conto delle ragioni delle decisioni assunte“ depotenzia significativamente l’intera procedura di “composizione negoziata”.

L’autore sottolinea come lo spirito della norma sulla Composizione negoziata ha un obiettivo superiore: salvare l’impresa salvabile. Un obiettivo di interesse collettivo macroeconomico, sovraordinabile a quello della singola banca di rispettare la compliance regolamentare. Insomma la banca può aspettare, prevedeva il d.l. 118/21. Non sarà più così dopo il CCII. In conclusione: la modifica apportata in sede di CCII non sembra favorire il ricorso alla “composizione negoziata”. Con conseguente ritardo dei tempi di realizzazione del credito, ormai divenuto almeno in parte irrecuperabile. Senza vantaggio né per l’impresa né per i creditori, banche comprese.


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