A cura della Redazione

CORTE DI CASSAZIONE, Sezione III Penale, Sentenza n. 45558/2022 del 16 novembre 2022 – depositata il 01 dicembre 2022

La Sezione III della Suprema Corte, con sentenza n. 45558 depositata il 1° dicembre 2022, ha accolto il ricorso promosso dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Parma, annullando, con rinvio, la decisione con cui il Tribunale del riesame aveva disposto il dissequestro di crediti d’imposta che, nell’ambito di un’indagine per truffa sul superbonus 110%, erano stati precedentemente assoggettati a sequestro preventivo finalizzato alla confisca.

Con la menzionata sentenza la Cassazione penale ha smentito la linea difensiva del cessionario che aveva subito un sequestro preventivo finalizzato alla confisca del credito d’imposta privo di giustificazione originaria. Detto cessionario aveva affermato che la propria buona fede, per non aver partecipato alla condotta truffaldina del beneficiario, rendeva il credito d’imposta acquisito non solo legittimo, ma spendibile con la compensazione fiscale.

La Corte afferma che qualora il credito d’imposta sia ottenuto fraudolentemente è sicuramente applicabile il comma 2 dell’art. 10-quater del d.lgs. n. 74/2000 in tema di indebita compensazione: pertanto, il cessionario che provveda a compensarlo, nonostante la consapevolezza dell’inesistenza del credito, si espone alla conseguente responsabilità penale. Inoltre, nell’ambito della disciplina del Decreto Rilancio, il cessionario dei crediti d’imposta che provveda alla monetizzazione del credito al cedente ottiene indubbiamente un vantaggio economico dalla cessione del credito medesimo in quanto i crediti vengono ceduti ad un valore inferiore rispetto al valore nominale e ciò determina un indubbio utile in capo al cessionario sui singoli crediti acquistati.

Pertanto, secondo quanto affermato dalla Cassazione, il cessionario che lucra un vantaggio consistente dall’operazione di cessione non potrà essere considerato persona estranea al reato e, trattandosi di profitto del reato, solo la prova della buona fede e dell’ordinaria diligenza ne impediscono il sequestro preventivo in capo al medesimo. In tale contesto, la restituzione dei beni al cessionario potrà avvenire solo qualora gli elementi di conoscenza disponibili portino alla qualificazione della sua posizione in termini di persona estranea al reato, ossia di una posizione di effettiva distanza dalla condotta illecita con possibile rilievo anche di atteggiamenti anti doverosi di tipo colposo, dovendosi ulteriormente richiamare, a sostegno di tale assunto, che è persona estranea al reato (nei cui confronti non può essere disposta la confisca, ai sensi dell’art. 240 c.p., commi 2 e 3) il soggetto che non abbia ricavato vantaggi ed utilità dal reato e che sia in buona fede, non potendo conoscere – con l’uso della diligenza richiesta dalla situazione concreta – l’utilizzo del bene per fini illeciti.

L’estraneità però non deriva, secondo la Cassazione, solo dall’acclarata buona fede di chi acquista l’agevolazione dal truffatore, ma anche dall’aver agito con la richiesta diligenza: come nel caso in esame la verifica delle segnalazioni Uif di Banca d’Italia.

Alla luce di tale ragionamento la Corte di legittimità ha ritenuto opportuno, nel caso di specie, annullare la decisione impugnata, rimettendo al giudice del rinvio la risoluzione della quaestio iuris relativa al mantenimento o meno del vincolo reale in capo al cessionario.


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SUPERBONUS, CESSIONE DEI CREDITI E FRODI FISCALI: IL CREDITO D’IMPOSTA DEL CESSIONARIO E’ CONFISCABILE SE ORIGINA DALLA TRUFFA DEL CEDENTE.
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