a cura di Rossella Ceccarini

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CORTE DI CASSAZIONE, Sezione VI Penale, ordinanza n. 24672 del 30.04.2025 pubblicata il 04.07.2025

La Sesta Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 24672 pubblicata il 4 luglio 2025, ha rimesso alle Sezioni Unite una questione giuridica cruciale: “se, in presenza di una richiesta di applicazione del controllo giudiziario previsto dall’art. 34-bis, comma 6, d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159, il giudice, preso atto della sussistenza dell’informazione antimafia interdittiva e della pendenza del giudizio amministrativo avverso la stessa, debba svolgere esclusivamente un giudizio in merito al carattere occasionale dell’agevolazione mafiosa e alle concrete possibilità dell’impresa di riallinearsi al contesto economico sano oppure possa anche valutare la sussistenza dell’infiltrazione mafiosa, presupposto dell’interdittiva disposta dal prefetto, e, nel caso di sindacato negativo, negare il controllo giudiziario volontariamente richiesto dall’impresa”.

La questione sottoposta al vaglio della Suprema Corte di Cassazione nasce dal ricorso di una società contro la decisione emessa dalla Corte d’Appello di Napoli, che aveva confermato il rigetto dell’istanza di ammissione al controllo giudiziario volontario, con il quale è stata dedotta la violazione dell’art. 34-bis, comma 6, cod. antimafia.

Secondo la Suprema Corte, la questione che il ricorso pone è oggetto di contrastanti soluzioni emerse nella giurisprudenza di legittimità in merito all’ampiezza del sindacato riservato al giudice della prevenzione investito della richiesta di controllo giudiziario volontario ai sensi dell’art. 34-bis, comma 6, d.lgs. n. 159/2011. Poiché la divergenza degli indirizzi ermeneutici comporta delle ricadute drastiche sull’attività dell’impresa attinta dall’interdittiva antimafia, il collegio ha ritenuto che fosse necessario rimettere la decisione del ricorso alle Sezioni Unite.

Gli Ermellini hanno rilevato, infatti, che l’art. 34-bis, comma 6, cod. antimafia non descrive il tipo di accertamento demandato al giudice della prevenzione, prevedendo genericamente che il tribunale accoglie la richiesta ove ne ricorrano i presupposti, e che sul tema sono emersi due diversi orientamenti della giurisprudenza di legittimità.

Secondo il primo orientamento, la richiesta di controllo volontario può essere rigettata non solo nel caso in cui si constati l’esistenza di una condizione di agevolazione “perdurante” dell’impresa a vantaggio di realtà associative di stampo mafioso, ma anche nell’ipotesi in cui si constati l’assenza della relazione anche pregressa tra azienda ed organizzazione criminale esterna. In altre parole, si afferma che l’accertamento demandato al giudice della prevenzione non investe solo l’occasionalità dell’agevolazione e la prognosi in merito al possibile recupero dell’impresa, ma anche la sussistenza del tentativo di infiltrazione mafiosa tendente a condizionare le scelte e gli indirizzi dell’impresa o della società, che costituisce il presupposto dell’interdittiva antimafia e l’oggetto della relativa impugnazione dinanzi al giudice amministrativo.

Secondo altro indirizzo ermeneutico, invece, il perimetro cognitivo riservato al giudice della prevenzione ha una diversa ampiezza a seconda della parte che lo richiede o lo dispone. Si sostiene, infatti, che, ferma la necessità di valutare l’occasionalità dell’agevolazione e la possibilità di recupero di un’impresa, qualora la richiesta di controllo giudiziario sia presentata dalla parte pubblica, ex art. 34-bis, comma 1, d.lgs. n. 159/2011, il giudice deve valutare anche la sussistenza del prerequisito del pericolo concreto di infiltrazione mafiosa; nel caso, invece, di istanza della parte privata ai sensi del comma 6 del medesimo articolo tale valutazione deve tener conto dell’accertamento di quello stesso prerequisito effettuato dall’organo amministrativo con l’informazione antimafia interdittiva. Tale provvedimento rappresenta, pertanto, il substrato della decisione del giudice ordinario al fine di garantire il contemperamento tra i diritti costituzionalmente garantiti della tutela dell’ordine pubblico e della libertà di iniziativa economica attraverso l’esercizio dell’impresa. L’indirizzo di esame esclude chiaramente che l’istanza avanzata dall’impresa possa essere rigettata in ragione dell’insussistenza del pericolo di infiltrazione mafiosa, trattandosi di un presupposto già valutato in sede amministrativa. Il giudice della prevenzione può, dunque, rigettare la richiesta dell’impresa solo nel caso in cui ritenga tale pericolo di infiltrazione non occasionale e, pertanto, non emendabile con il semplice controllo giudiziario.

Entrambe le impostazioni richiamano la nota sentenza “Ricchiuto” delle Sezioni Unite, ma divergono sull’ampiezza del perimetro cognitivo riservato al giudice in caso di istanza ex comma 6.

Alla luce del contrasto ermeneutico, la Suprema Corte ha sospeso il procedimento e demandato la risoluzione del contrasto alle Sezioni Unite, affinché stabiliscano un principio di diritto chiaro ed uniforme.


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CONTROLLO GIUDIZIARIO ED INTERDITTIVA ANTIMAFIA: LA CASSAZIONE CHIAMA AD ESPRIMERSI LE SEZIONI UNITE

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