A cura di Rossella Ceccarini

CORTE DI CASSAZIONE, Sezione Prima Civile, ordinanza n. 31107 del 26.10.2023 depositata l’08.11.2023

La Prima Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 31107 del 26.10.2023 depositata l’08.11.2023, nel rigettare il ricorso, ha affermato il seguente principio: “la previsione del secondo periodo dell’ultimo comma dell’articolo 124 della legge fallimentare, in forza del quale il proponente può limitare gli impegni assunti con il concordato ai soli creditori ammessi al passivo, anche provvisoriamente, e a quelli che hanno proposto opposizione allo stato passivo o domanda di ammissione tardiva al tempo della proposta, pone una preclusione processuale, senza distinzione fra creditori chirografari e non, destinata a operare a condizione che lo stato passivo sia stato dichiarato esecutivo, né confligge con il precetto dettato dal precedente terzo comma della medesima disposizione”.

Il caso sottoposto al vaglio della Suprema Corte di Cassazione riguardava un ricorso avverso un decreto emesso dalla Corte d’Appello di Brescia che aveva respinto il reclamo di Agenzia delle Entrate e Agenzia delle Entrate-Riscossioni avverso il provvedimento con il quale il Tribunale aveva, a sua volta, rigettato le opposizioni delle stesse all’omologazione del concordato del fallimento della (…) s.p.a. in liquidazione, dichiarato con sentenza del 31/12/2010, proposto, in qualità di assuntrice, dalla L. s.r.l., poi incorporata dalla M. s.p.a., con ricorso del 12/12/2016. Così confermata l’omologa del concordato fallimentare, l’Agenzia presentava ricorso in Cassazione lamentando la falsa applicazione della l. fall., art. 124, comma 4, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.

Nell’ordinanza n. 31107, depositata l’08.11.2023, i giudici di legittimità hanno osservato che la tesi della ricorrente si porrebbe in primo luogo in contrasto con il tenore letterale della norma che, nel limitare l’impegno dell’assuntore non specifica alcuna distinzione tra creditori privilegiati e chirografari.

Sempre secondo la Suprema Corte l’interpretazione proposta dai ricorrenti, inoltre, si pone in evidente “conflitto con lo spirito della legge fallimentare di non apprestare particolari tutele ai creditori tardivi”, i quali, infatti, concorrono, “in proporzione del rispettivo credito”, “soltanto alle ripartizioni posteriori alla loro ammissione” salvo il caso in cui si tratti di crediti “assistiti da cause di prelazione” ovvero il ritardo sia dipeso “da cause ad essi non imputabili”; in tali ipotesi essi possono prelevare, nella prima ripartizione successiva alla loro ammissione (arg. ex art. 114 l. fall.), “le quote che sarebbero loro spettate nelle precedenti ripartizioni” (art. 101, comma 3, e art. 112 l. fall.); la limitazione satisfattiva è tanto più ribadita nella norma speciale del concordato fallimentare, dove, l’art. 124, comma 4, l. fall., per come ricostruito in conformità alla lettera dalla Suprema Corte, consente di escludere “dal concorso non solo i creditori chirografari, ma anche quelli privilegiati che non abbiano presentato domanda di ammissione allo stato passivo al momento del deposito della proposta di concordato fallimentare” (Cass. n. 16804 del 2019, in motiv.).

La stessa Corte ha rammentato che ha già avuto modo di affermare (Cass. n. 16738 del 2011, in motiv.) che: a) la disciplina introdotta dal d.lgs. n. 5/2006 e dal d.lgs. n. 169/2007, lì dove, modificando l’art. 124 l. fall., ha esteso “ai creditori o ai terzi la legittimazione ad avanzare la proposta” e ha previsto che, in caso di “proposta presentata dal terzo”, “la cessione, oltre che dei beni compresi nell’attivo fallimentare”, possa comprendere “anche delle azioni di pertinenza della massa, purché autorizzate dal giudice delegato” e che gli impegni assunti dal terzo con il concordato possano essere limitati “ai soli creditori ammessi al passivo, anche provvisoriamente, e a quelli che hanno proposto opposizione allo stato passivo o domanda di ammissione tardiva”, “trova fondamento, secondo la relazione illustrativa del D.Lgs., nell’intento di pervenire ad una riduzione dei tempi della procedura”, conformemente ai principi ed ai criteri direttivi fissati dalla legge delega n. 80/2005, art. 1, comma 6, n. 12; b) il d.lgs. n. 169/2007, ha, in effetti, introdotto previsioni innovative complessivamente ispirate all’intento di “trasformare il concordato fallimentare in un istituto che, soprattutto attraverso l’intervento di terzi operatori del settore economico, potesse finalmente contribuire ad accelerare i tempi della procedura contribuendo ad una sua rapida definizione”, vale a dire un obiettivo che “non avrebbe potuto essere in concreto raggiunto se non si fosse concessa al terzo assuntore la possibilità di inserire nella proposta una clausola di limitazione di responsabilità che gli consentisse di valutare la convenienza economica dell’operazione attraverso una valutazione prognostica, non solo dell’attivo ceduto, ma anche il passivo da soddisfare (con la sola alea connessa all’esito delle opposizioni allo stato passivo pendenti)”; c) l’apertura ai terzi della legittimazione ad avanzare la proposta di concordato non mira, pertanto, solo ad agevolare la soluzione della crisi dell’impresa attraverso strumenti che, nel favorire la riallocazione dei fattori produttivi, consentano al tempo stesso di salvaguardare l’unità dell’azienda, trasferendola nelle mani di chi sia in grado di gestirla utilmente, ma, facendo venir meno la posizione di monopolio riconosciuta al debitore dalla disciplina previgente, risponde anche all’esigenza di facilitare la chiusura del fallimento nell’interesse dei creditori.

La Corte ha sottolineato inoltre che, in effetti, il pregiudizio cui restano esposti i creditori non (ancora) insinuati, a seguito della limitazione della responsabilità del terzo, non si differenzia, sotto questo profilo, da quello che, in via di mero fatto, gli stessi (come emerge dall’art. 101, ultimo comma, l. fall.) sono destinati a subire nell’ipotesi in cui si pervenga celermente alla liquidazione dell’attivo (ed alla distribuzione del suo ricavato: limite oltre il quale le domande tardive, sia pur per causa non imputabile, non sono, invero, comunque ammissibili) e, quindi, alla chiusura del fallimento; specie se si considera che, come l’art. 124, comma 4, l. fall. espressamente prevede, gli stessi possono far pur sempre affidamento sulla capacità del debitore (che, anche nel caso della qui esaminata limitazione della responsabilità del proponente, continua, infatti, a rispondere per l’intero e nella misura originaria “verso gli altri creditori”: Cass., n. 25924 del 2022, in motiv.) di ricostruire in futuro un patrimonio aggredibile, salvi soltanto (anche se si tratta di debito per I.V.A.: Cass. n. 18124 del 2022) gli effetti della esdebitazione; tanto più, ha osservato ancora la Corte, che nemmeno questa è assoluta, restando condizionata alla cooperazione del fallito con gli organi della procedura, mentre, rispetto ai crediti concorsuali anteriori “che non hanno presentato la domanda di ammissione al passivo”, essa è limitata alla sola eccedenza rispetto a quanto gli stessi avrebbero avuto diritto di percepire nel concorso. L’importante, ha concluso la Cassazione, è che la proposta di concordato fallimentare venga elaborata e depositata dal terzo almeno dopo la pronuncia del decreto di esecutività dello stato passivo e dopo la scadenza del termine per il deposito delle domande tardive ex art. 101, comma 1, l. fall. proprio come risulta essere avvenuto nella fattispecie in esame. Diversamente, infatti, la limitazione di responsabilità di cui all’art. 124, comma 4, l. fall. contrasterebbe con il diritto dei creditori di soddisfarsi ex art. 2740 c.c. sul patrimonio del debitore così come acquisito al passivo del fallimento.


Visualizza documento

CONCORDATO FALLIMENTARE: LA CASSAZIONE SI PRONUNCIA SUI LIMITI DI RESPONSABILITA’