A cura di Rossella Ceccarini

CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I Civile, ordinanza n. 30725 del 26.09.2023 depositata il 06.11.2023

La Sezione Prima della Suprema Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 30725 depositata il 06.11.2023 che rinvia, peraltro, al Tribunale di Milano per un nuovo esame della fattispecie, ha stabilito che al credito derivante dal recesso del socio non si applica la disciplina sulla postergazione di cui all’art. 2467 c.c., neanche nel caso in cui la società sia sottoposta a procedura concorsuale e la richiesta di liquidazione della quota derivante dal recesso sia stata avanzata in sede di insinuazione al passivo.

La vicenda decisa dalla Suprema Corte nell’ordinanza in esame riguarda l’insinuazione al passivo fallimentare promossa da un socio avente ad oggetto il credito relativo al valore della quota di liquidazione all’esito del recesso realizzatosi nei confronti della società. Il giudice delegato, nel decreto qui opposto, aveva ritenuto di qualificare come “postergato” il credito in parola, con applicazione analogica dell’art. 2467 c.c., posto che nel periodo di emersione del credito da recesso la società si trovava già nelle condizioni di cui all’art. 2467 c.c. presentando un significativo squilibrio tra debiti e patrimonio netto, in cui i debiti erano ben oltre il doppio del patrimonio netto. Tale decreto è stato quindi impugnato dal socio recedente innanzi alla Corte di Cassazione che ha deciso nel senso della massima in epigrafe.

La Corte di Cassazione nella motivazione dell’ordinanza ha ricordato in termini generali che, in materia di finanziamento dei soci, l’art. 2467, comma 1, c.c. parla espressamente di rimborso “postergato” rispetto agli “altri creditori”, espressione utilizzata per indicare il meccanismo della posposizione del diritto a quelli altrui, non per alludere al momento dell’effettivo concorso procedimentalizzato delle pretese creditorie (Cass. n. 12994/2019). In realtà, la postergazione disposta dall’art. 2467 c.c. opera già durante la vita della società e non solo nel momento in cui si apra un concorso formale con gli altri creditori sociali, integrando essa una condizione di inesigibilità legale e temporanea del diritto del socio alla restituzione del “finanziamento”, sino a quando non sia superata la situazione prevista dalla norma. La società è tenuta a rifiutare al socio il rimborso del “finanziamento”, in presenza della situazione di difficoltà economico-finanziaria indicata dalla legge, ove sussistente sia al momento della concessione del finanziamento, sia al momento della richiesta di rimborso, che è compito dell’organo gestorio riscontrare mediante la previa adozione di un adeguato assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società. In caso di azione giudiziale di restituzione proposta dal socio, il giudice del merito è, poi, chiamato a verificare se la situazione di crisi prevista dall’art. 2467, comma 2, c.c. sussista, oltre che al momento della concessione del “finanziamento”, altresì al momento della sua decisione. Lo stato di eccessivo squilibrio nell’indebitamento o di una situazione finanziaria in cui sarebbe stato ragionevole un conferimento, prevista dall’art. 2467, comma 2, c.c. è fatto impeditivo del diritto alla restituzione del finanziamento operato dal socio in favore della società, rilevabile dal giudice d’ufficio, in quanto oggetto di un’eccezione in senso lato, sempre che la situazione predetta risulti provata ex actis, secondo quanto dedotto e prodotto in giudizio (così, sempre Cass. n. 12994/2019, cit. supra).

Secondo la giurisprudenza della stessa Corte di Cassazione, sebbene affermato espressamente per le società di persone, costituisce principio pacifico quello secondo cui il recesso da una società di persone è un atto unilaterale recettizio e, pertanto, la liquidazione della quota non è una condizione sospensiva del medesimo, ma un effetto stabilito dalla legge, con la conseguenza che il socio, una volta comunicato il recesso alla società, perde lo “status socii” nonché il diritto agli utili, anche se non ha ancora ottenuto la liquidazione della quota, e non sono a lui opponibili le successive vicende societarie (Cass., Sez. 6 – 1, ordinanza n. 21036 del 11/09/2017; Cass. n. 5836/2013; Cass. n. 8233/2016; v., in tema di società di capitali, anche Cass., Sez. 1, sentenza n. 5548 del 19/03/2004, per la quale verbatim: “Nelle società per azioni, il credito relativo alla liquidazione della quota del socio receduto, essendo liquido ed esigibile, è per ciò solo idoneo a produrre interessi di pieno diritto, a norma dell’art. 1282, comma 1, c.c. senza necessità di alcun atto di messa in mora”).

A parere della Suprema Corte, sulla base delle riflessioni sopra riportate, consegue che risulta condivisibile l’obiezione sollevata dal ricorrente secondo cui il Tribunale ambrosiano avrebbe operato una vera e propria ibridazione tra i diritti del creditore sociale e quelli più limitati del socio, operazione per la quale il credito dell’ex socio derivante da recesso (avvenuto, peraltro, nel caso di specie sette anni prima del fallimento) avrebbe acquisito lo status normativo simile a quello del finanziamento soci (eseguito, dunque, in costanza del rapporto sociale), cui si applicherebbe – sempre secondo il non condiviso ragionamento del Tribunale – l’art. 2467 c.c., norma che, per quanto già sopra precisato, richiederebbe altri presupposti applicativi e altre finalità. Deve dunque ritenersi che il credito derivante da recesso non presenta alcuna “parentela” ontologica e “vicinanza” funzionale con il credito da finanziamento soci, e ciò per l’evidente ragione che, nel primo caso, il credito conseguirebbe allo scioglimento del rapporto sociale e in quell’evento troverebbe fondamento, mentre, nel secondo caso, la costanza del rapporto sociale costituirebbe il presupposto per l’insorgenza del credito.

Del resto, mentre nel caso di finanziamento soci la condizione patrimoniale della società rileverebbe al momento dell’erogazione del finanziamento, per il rimborso della quota rileverebbe al momento del recesso, con evidente sfasamento temporale nell’accertamento temporale dei requisiti necessari per la postergazione. Da ciò l’inapplicabilità, al credito derivante dal recesso del socio, della disciplina della postergazione per la restituzione dei finanziamenti del socio alla stregua dell’art. 2467 c.c.


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FALLIMENTO: IL CREDITO DA RECESSO NON HA ALCUNA “PARENTELA ONTOLOGICA” CON IL CREDITO DA FINANZIAMENTO
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