A cura di Rossella Ceccarini

CORTE DI CASSAZIONE, Sezione V Penale, sentenza n. 40446 del 21/09/2023 pubblicata il 04.10.2023

La Sezione V della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 40446 del 21 settembre 2023 pubblicata in data 4 ottobre 2023, ha annullato la decisione impugnata rinviando ad altra sezione della Corte di appello, affermando che, in tema di bancarotta fraudolenta documentale, la disposizione incriminatrice di cui all’art. 216, comma 1, n. 2, R.D. 16 marzo 1942, n. 267 (c.d. “Legge fallimentare”) disegna due fattispecie alternative, una c.d. “specifica” (aver sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, i libri o le altre scritture contabili) e una c.d. “generale” (averli tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari e del patrimonio della fallita). La Corte precisa che anche l’ipotesi di omessa tenuta dei libri contabili può essere ricondotta nell’alveo di tipicità dell’art. 216, comma 1, n. 2, l. fall. a condizione che l’omessa tenuta della contabilità (al pari delle altre ipotesi ivi contemplate) sia sorretta da dolo specifico (quello di arrecare pregiudizio ai creditori), perché altrimenti risulterebbe impossibile distinguere tale fattispecie da quella di bancarotta semplice documentale prevista dall’art. 217 l. fall.

La questione sottoposta al vaglio degli Ermellini riguardava una sentenza emessa dalla Corte di Appello di Firenze che aveva confermato la condanna di (…) in ordine al reato di bancarotta fraudolenta documentale commesso nella qualità di amministratore della (…) s.r.l., società dichiarata fallita. Con la medesima sentenza era stato dichiarato estinto per prescrizione il reato di bancarotta preferenziale consistito nel versamento di una somma di denaro a titolo di canoni di sublocazione a favore della società in nome collettivo (…) (madre dell’imputato).

Avverso la decisione ricorreva per Cassazione l’imputato lamentando, fra l’altro, violazione di legge in punto di sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di bancarotta fraudolenta documentale da omessa tenuta dei libri contabili obbligatori, avendo la Corte territoriale condannato l’imputato ritenendo sufficiente il dolo generico (mentre la fattispecie de qua richiederebbe il dolo specifico).

La Suprema Corte con la sentenza n. 40446/2023 preliminarmente ha affermato che gli elementi costitutivi delle due fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale disegnate dall’art. 216, comma 1, n. 2, l. fall. si trovano in rapporto di alternatività tra loro. La Corte ha proseguito affermando che, in primo luogo, vi è la fattispecie c.d. “specifica” che consiste nella sottrazione o distruzione o falsificazione (totale o parziale) dei libri e delle altre scritture contabili obbligatorie compiute allo scopo di arrecare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori. Va chiarito, secondo la Sprema Corte, che anche l’ipotesi di omessa tenuta dei libri contabili può essere ricondotta nell’alveo di tipicità dell’art. 216 comma 1, n. 2, l. fall. A tal fine occorre, però, che l’omessa tenuta della contabilità (al pari delle altre ipotesi) sia sorretta da dolo specifico, perché altrimenti risulterebbe impossibile distinguere tale fattispecie da quella analoga sotto il profilo materiale di bancarotta semplice documentale prevista dall’art. 217 l. fall. (Cass. pen., Sez. V, 11 aprile 2012, n. 25432; Cass. pen., Sez. V, 7 novembre 2019, dep. 2020). La seconda fattispecie c.d. “generale” è integrata invece dalla tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita; questa ipotesi, diversamente dalla prima, presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dagli organi fallimentari e si realizza attraverso una falsità ideologica contestuale alla tenuta della contabilità, e cioè mediante l’annotazione originaria di dati oggettivamente falsi o l’omessa annotazione di dati veri, realizzata con le ulteriori connotazioni modali descritte dalla norma incriminatrice (Cass. pen., Sez. V, 13 gennaio 2020, n. 5081). Essa richiede il dolo generico (Cass. pen., Sez. V, 8 ottobre 2020, n. 33114; Cass. pen., Sez. V, 5 marzo 2019, n. 26379; Cass. pen., Sez. V, 28 giugno 2017, n. 43966; Cass. pen., Sez. V, 1 febbraio 2017, n. 18634). Quanto alla “falsificazione” che, in apparenza, sembra connotare entrambe le fattispecie, la Corte di Cassazione, con indirizzo consolidato, ha tracciato la seguente linea di demarcazione: la condotta di falsificazione delle scritture contabili integrante la fattispecie di bancarotta documentale “specifica” può avere natura sia materiale sia ideologica, ma consiste, comunque, in un intervento manipolativo su una realtà contabile già definitivamente formata. La condotta integrante la fattispecie di bancarotta documentale “generica”, invece, si realizza sempre con un falso ideologico contestuale alla tenuta della contabilità. In altri termini, l’annotazione originaria di dati oggettivamente falsi nella contabilità (ovvero l’omessa annotazione di dati veri), sempre che la condotta presenti le ulteriori connotazioni modali descritte dalla norma incriminatrice, integra sempre e comunque la seconda ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale descritta dall’art. 216, comma 1, n. 2, l. fall. (così, da ultimo, in motivazione Cass. pen., Sez. V, 13 gennaio 2020, n. 5081).

Secondo gli Ermellini la Corte di Appello ha ritenuto sussistente l’elemento materiale della fattispecie c.d. “specifica” (laddove fa riferimento all’omessa tenuta dei libri obbligatori e alla distruzione delle scritture contabili successive al 2007, nonché del libro giornale relativo agli anni 2005 e 2006 mai consegnati al curatore) per poi concludere che da tale condotta è derivata l’impossibilità per il curatore fallimentare di ricostruire il movimento degli affari ed il patrimonio della società. Il giudice di merito, non cogliendo la struttura di norma mista alternativa della disposizione incriminatrice di cui all’art. 216, comma 1, n. 2, l. fall., ha operato una fusione tra le fattispecie previste dalla medesima, trasformando la seconda in una sorta di evento della condotta oggetto della prima; ma soprattutto sostituendo il dolo generico richiesto per la sussistenza dell’una a quello specifico invece necessario al perfezionamento dell’altra.


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