A cura della Redazione

TRIBUNALE AMMNISTRATIVO REGIONALE CAMPANIA, Sezione I, sentenza n. 1001 del 13 febbraio 2023

Con la sentenza n. 1001 il TAR della Campania si è pronunciato in merito all’applicabilità dell’obbligo di comunicazione ex art. 7 l. n. 241/1990 e art. 92, comma 2-bis, d.lgs. n. 159/2011 (per come modificato dall’art. 48, comma 1, lett. a, l. n. 233/2021) ai procedimenti volti all’adozione delle c.d. interdittive antimafia.

Il caso sottoposto all’esame del TAR riguardava una società ricorrente, destinataria di un’interdittiva antimafia, che aveva impugnato il provvedimento adottato dal Prefetto di Napoli lamentando, con due motivi, la violazione degli artt. 92 e 94-bis d.lgs. n. 159/2011 nonché la violazione dell’art. 7 l. n. 241/1990 censurando il mancato rispetto dell’obbligo di previa comunicazione di avvio del procedimento (introdotto dall’art. 48, comma 1, lett. a, l. n. 233/2021) senza alcuna valida comunicazione, che avrebbe consentito alla ricorrente di far valere l’insussistenza dei presupposti per l’emanazione del provvedimento evidenziandone l’estraneità. L’Amministrazione avrebbe dovuto valutare la possibilità di adottare la misura meno restrittiva della c.d. prevenzione collaborativa, di cui all’art. 94-bis del Codice antimafia.

Il TAR della Campania nel respingere il ricorso ha ricordato che la previsione della comunicazione di avvio del procedimento, per quanto riguarda le interdittive antimafia, è dettata dall’art. 92, comma 2-bis, d.lgs. n. 159/2011 (per come modificato dall’art. 48, comma 1, lett. a, l. 233/2021), attribuendo all’interessato la facoltà di presentare scritti e documenti e di richiedere l’audizione personale, salvo che non “ricorrano particolari esigenze di celerità del procedimento”. È noto poi che, anteriormente alla riforma al Codice antimafia, la giurisprudenza ha costantemente ritenuto che, in materia, il principio del contraddittorio va “ragionevolmente bilanciato, anche attraverso il suo ridimensionamento, onde dare ingresso ad interessi antagonistici di pari rango dettati dalla necessità di arginare il fenomeno mafioso che, per la sua estrema insidiosità, aumenta gravemente il rischio di vanificare il complesso lavoro degli organi deputati alle indagini”, così da non prevedere “l’obbligo di una preventiva comunicazione di avvio del procedimento evidentemente in ragione del fatto che più si avanzano le garanzie partecipative più è concreto il rischio che la Discovery anticipata di elementi o notizie a disposizione degli inquirenti ponga nel nulla gli sforzi e le risultanze raggiunte. Tanto proprio a cagione della natura subdola, insidiosa, a volte silente, del fenomeno mafioso posto che l’autorità amministrativa, nelle parole della Corte Costituzionale, ha il compito di ‘prevenire tali evenienze, con un costante monitoraggio del fenomeno, la conoscenza delle sue specifiche manifestazioni, la individuazione e valutazione dei relativi sintomi, la rapidità di intervento’ (Corte cost., 26 marzo 2020, n. 57), rapidità necessitata dalla capacità delle mafie di rimescolare gli elementi disponibili fino a far scomparire quelle che già erano tracce, sintomi, segni di conoscenza spesso solo indiretta” (Cons. Stato, sez. III, 20 giugno 2022, n. 5026). Proprio per le suddette ragioni il TAR reputa che, anche dopo la modifica introdotta all’art.92, “non possano essere del tutto trascurate le esigenze sottese alla previsione di esclusione del contraddittorio procedimentale in tema di interdittive”. Sempre secondo il Collegio “la generalizzata e inderogabile estensione dell’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento potrebbe, in concreto, comportare il rischio di compromettere l’attività di contrasto al fenomeno mafioso, presidiata dall’esigenza di rapidità”. In questo contesto, acquista così particolare rilievo la deroga dettata dalle ragioni di celerità (generalmente fissata dall’art. 7 l. n. 241/1990), la quale “deve tenere conto della delicatezza della materia e del superiore interesse perseguito, consentendo perciò all’Autorità procedente di omettere la comunicazione di avvio del procedimento, ogni qualvolta siano rappresentabili elementi che militino in tal senso”. La sussistenza delle ragioni di celerità è infatti rimessa alla valutazione dell’Amministrazione che “deve darne contezza nel provvedimento, ed è sindacabile nei limiti di un evidente travisamento o di palesi indizi di eccesso di potere”.

Nel caso di specie, la Prefettura ha ritenuto di omettere la comunicazione di avvio del procedimento, “rilevando il carattere di immediatezza delle modalità di cura dello specifico interesse pubblico” declinato in particolare nella “salvaguardia del regolare svolgimento delle attività economico imprenditoriali con possibile reiterazione dei comportamenti sanzionati”, unitamente alla “non dilazionabilità della tutela delle condizioni di prevenzione di ingerenza criminale nel contesto socio economico”. Il TAR ha ritenuto l’omissione della comunicazione giustificata e tale valutazione coerente “con il complesso degli elementi posti a fondamento dell’interdittiva, apparendo esistente l’esigenza della pronta paralizzazione dell’attività economica”, e ciò in quanto “i fatti che vengono in rilievo appaiono di natura e consistenza tali da lasciar fondatamente presupporre che, in mancanza di una subitanea reazione dell’Autorità amministrativa, possa perpetuarsi l’inquinamento del contesto economico”.


Visualizza la sentenza

AMBITO DI OPERATIVITA’ DELLA COMUNICAZIONE DI AVVIO DEL PROCEDIMENTO NELL’INTERDITTIVA ANTIMAFIA
Tag: