a cura di Rossella Ceccarini
CONSIGLIO DI STATO, Sezione III, sentenza n. 1709 del 05.12.2024 depositata il 27.02.2025
La Terza Sezione del Consiglio di Stato, con sentenza n. 1709 depositata il 27.02.2025, respingendo l’appello proposto, ha affermato che il tema del contraddittorio in relazione alla materia della prevenzione antimafia è stato recentemente rivisto dalla giurisprudenza amministrativa alla luce della recente modifica dell’art. 92-bis d.lgs. n. 159/2011 ad opera dall’art. 48, comma 1, lett. a), d.l. 6 novembre 2021, n. 152, secondo cui il Prefetto, qualora ritenga sussistenti i presupposti per l’adozione dell’informazione antimafia ovvero qualora debba procedere all’applicazione delle misure di prevenzione collaborativa, ha l’obbligo di darne comunicazione all’interessato, salvo che ricorrano “particolari esigenze di celerità del procedimento”.
Secondo il Consiglio di Stato, questa disposizione non è indirizzata unicamente al soggetto interessato ed al suo diritto di difesa ma ha un respiro più ampio. Abbraccia una serie di valori fondamentali nella materia di cui trattasi. La norma è, infatti, posta a presidio del principio del buon andamento della pubblica amministrazione, in un’ottica ex ante, e del giusto processo, ex post.
La questione affrontata riguarda l’appello avverso una sentenza emessa dal T.A.R. per la Calabria – sede di Reggio Calabria, che aveva accolto il ricorso della società (…) avverso il provvedimento a mezzo del quale la Prefettura di Reggio Calabria aveva disposto, nei suoi confronti, l’interdittiva antimafia, ai sensi ed agli effetti di cui agli artt. 84, 91 e 94 d.lgs n. 159/2011.
Il Consiglio di Stato ha rilevato che la misura è rivolta a produrre un effetto utile, oltre che deflattivo del contenzioso, sia per il privato, chiamato ad assumere un ruolo proattivo al fine di scongiurare l’esito esiziale del procedimento, sia per la P.A., la quale, sfruttando l’occasione di acquisire e/o di rivalutare informazioni talvolta sottovalutate o neglette, può comporre un quadro istruttorio il più possibile esaustivo e funzionale all’emissione di un provvedimento ispirato a canoni di proporzionalità e ragionevolezza. Sul tema, la giurisprudenza amministrativa ha in particolar modo precisato che “il sacrificio del ruolo partecipativo del privato impone dunque all’Amministrazione uno specifico onere motivazionale: come ricordato dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 4206/2024, la nuova disciplina del contraddittorio di cui all’art. 92, comma 2-bis, D.L.vo n. 159/2011 (la cui portata innovativa soddisfa ampiamente le esigenze di conformità ai parametri sovranazionali), capovolgendo il rapporto regola-eccezione onera l’amministrazione di una motivazione circa la non necessità del contraddittorio: vi è un onore motivazionale rafforzato in capo all’Amministrazione qualora, per esigenze di celerità del procedimento, ritenga non necessario il contraddittorio, che non può considerarsi assolto con formule generiche o di stile”. Va precisato che la mera allegazione del quadro indiziante non può essere, di per sé, idonea ragione per ritenere assolto l’onere motivazionale in questione: quest’ultimo, infatti, più che alle premesse, ha riguardo agli effetti del provvedimento sul piano diacronico. L’insieme degli elementi da cui si ricava il pericolo di infiltrazione, tuttavia, ben può rilevare nel senso di esprimere (anche) una particolare esigenza di celerità nell’adozione dell’informativa: ma il significato della richiamata modifica normativa è proprio quello di non ricavare ex se dalla gravità del quadro indiziante il presupposto che consente di sacrificare il contraddittorio endoprocedimentale (così Cons. Stato, Sez. III, sentenza 6111/2024).