a cura di Rossella Ceccarini

CONSIGLIO DI STATO, Sezione III, sentenza n. 3897 del 07.02.2024 depositata il 29.04.2024

Con sentenza n. 3897 depositata il 29 aprile 2024 la Sezione Terza del Consiglio di Stato ha sottolineato che l’impossibilità di imporre le opere di bonifica al proprietario di un terreno inquinato non responsabile del relativo inquinamento è stata affermata a partire dalla nota sentenza della Corte di Giustizia UE, Sez. III, 4 marzo 2015, C 534-13 (su ordinanza di rinvio pregiudiziale dell’Adunanza Plenaria, 13 novembre 2013, n. 25).

La questione sottoposta al Consiglio di Stato riguarda la riforma della sentenza del T.A.R. per il Veneto, Sezione Terza, n. 1125 del 6 dicembre 2018, concernente l’ordine di presentazione di un piano di caratterizzazione del sito di interesse nazionale Venezia-Porto Marghera area “I pili”.

Secondo il Consiglio di Stato la sentenza della Corte di Giustizia, in particolare, ha chiarito che “la direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, deve essere interpretata nel senso che non osta a una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale, la quale, nell’ipotesi in cui sia impossibile individuare il responsabile della contaminazione di un sito o ottenere da quest’ultimo le misure di riparazione, non consente all’autorità competente di imporre l’esecuzione delle misure di prevenzione e di riparazione al proprietario di tale sito, non responsabile della contaminazione”.

La successiva giurisprudenza nazionale, nel tentativo di ulteriormente sviluppare l’assunto della Corte di Giustizia, è giunta ad affermare l’impossibilità di imporre le misure di bonifica al proprietario non responsabile della contaminazione, traendo principale argomento dalla natura sanzionatoria di questa misura. In tale ottica ricostruttiva, si è tuttavia osservato che analogo ragionamento non può valere anche con riferimento alle misure di messa in sicurezza di emergenza (M.I.S.E.), le quali, così come le misure di prevenzione, non hanno analoga natura sanzionatoria, ma preventiva e cautelare, trovando fondamento nel principio di precauzione e nel correlato principio dell’azione preventiva, e, in quanto tali, possono gravare sul proprietario (o detentore del sito da cui possano scaturire i danni all’ambiente) solo perché egli è tale, senza necessità di accertarne il dolo o la colpa (in questi termini, la costante giurisprudenza, per tutte Cons. Stato, Sez. IV, 26 febbraio 2021, n. 1658; Cons. Stato, Sez. VI, 3 gennaio 2019, n. 81; Cons. Stato, Sez. V, 8 marzo 2017, n. 1089). In base a tale consolidato orientamento, il proprietario del terreno sul quale sono depositate sostanze inquinanti, che non sia responsabile dell’inquinamento (c.d. proprietario incolpevole) e che non sia stato negligente nell’attivarsi con le segnalazioni e le denunce imposte dalla legge, è, pertanto, tenuto solo ad adottare le misure di prevenzione, mentre gli interventi di riparazione, messa in sicurezza definitiva, bonifica e ripristino gravano sul responsabile della contaminazione, ossia su colui al quale – per una sua condotta commissiva od omissiva – sia imputabile l’inquinamento. La P.A. competente, qualora il responsabile non sia individuabile o non provveda agli adempimenti dovuti, può adottare d’ufficio gli accorgimenti necessari e, se del caso, recuperare le spese sostenute attraverso un’azione di rivalsa verso il proprietario, il quale risponde nei soli limiti del valore di mercato del sito dopo l’esecuzione degli interventi medesimi (cfr., tra le altre, Cons. Stato, Sez. VI, 25 gennaio 2018, n. 502). Ne discende che il proprietario non responsabile dell’inquinamento è tenuto, ai sensi dell’art. 245, comma 2, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (T.U. Ambiente), ad adottare le misure di prevenzione di cui all’art. 240, comma 1, lett. i), d.lgs. n. 152/2006 (ovvero “le iniziative per contrastare un evento, un atto o un’omissione che ha creato una minaccia imminente per la salute o per l’ambiente intesa come rischio sufficientemente probabile che si verifichi un danno sotto il profilo sanitario o ambientale in un futuro prossimo, al fine di impedire o minimizzare il realizzarsi di tale minaccia”) e le misure di messa in sicurezza d’emergenza, non anche la messa in sicurezza definitiva né gli interventi di bonifica e di ripristino ambientale (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 2 febbraio 2024, n. 1110). Ad ogni modo, nel caso di bonifica spontanea di sito inquinato, il proprietario avrà diritto di rivalersi nei confronti del responsabile dell’inquinamento per le spese sostenute (pur se si tratta del dante causa), a condizione che sia stata rispettata la procedura amministrativa prevista dalla legge ed indipendentemente dall’identificazione del responsabile dell’inquinamento da parte della competente autorità amministrativa, senza che, in presenza di altri responsabili, trovi applicazione il principio della solidarietà (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 1° giugno 2022, n. 4445).


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TUTELA AMBIENTALE: OBBLIGHI DEL PROPRIETARIO DEL SITO RESPONSABILE DELL’INQUINAMENTO

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