A cura di Rossella Ceccarini

CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I Civile, ordinanza n. 29998 del 31 maggio – 16 ottobre 2023 depositata il 30 ottobre 2023

La Prima Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 29998 depositata il 30 ottobre 2023 ha confermato la statuizione della Corte d’Appello di Venezia che aveva giudicato inefficace la garanzia ai sensi dell’art. 67, comma 1, n. 3 l. fall. e ha enunciato il seguente principio di diritto: «In tema di fallimento, il d. lgs. n. 170/2004, di attuazione della direttiva 2002/47/CE, non ha inciso sul regime di revocabilità, ai sensi dell’art. 67 l. fall., dei contratti di garanzia finanziaria o di fornitura di essa stipulati nel c.d. periodo sospetto; ne consegue che l’incameramento della somma derivante dall’escussione della garanzia, anche se legittimamente conseguito in via autonoma dopo l’apertura della procedura concorsuale, resta travolto dalla dichiarazione di inefficacia della garanzia medesima».

La vicenda oggetto dell’ordinanza n. 29998/2023 riguarda il ricorso per Cassazione proposto da un istituto di credito bancario per la riforma di una sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Venezia che aveva confermato la sentenza resa dal Tribunale di Padova che aveva ritenuto revocabili ai sensi dell’art. 67, comma 2, l. fall. le rimesse effettuate su conto corrente bancario da un’impresa di seguito dichiarata fallita. L’istituto di credito denunciava la violazione o la falsa applicazione dell’art. 67, comma 3, lett. b), l. fall., là dove la Corte d’Appello aveva dichiarato l’inefficacia di una rimessa anche per la porzione per cui non sussisteva il requisito della durevolezza della riduzione dell’esposizione. Gli Ermellini hanno accolto il motivo di ricorso confermando che, per orientamento costante (Cass. n. 277/19; conf., tra le più recenti, n. 23095/23; n. 24019/23), la revocabilità ai sensi dell’art. 67, comma 2, lett. b), l. fall. (nel testo modificato dal d.l. n. 35/2005, come convertito, applicabile ratione temporis) «prescinde dalla natura solutoria o ripristinatoria della rimessa e quindi dal fatto che essa afferisca a un conto scoperto o solo passivo, ma impone al giudice del merito di verificare la revocabilità del pagamento avendo riguardo alla sua consistenza e alla sua durevolezza».

Secondo la Cassazione è, quindi, “centrale” il parametro della durevolezza dell’esposizione debitoria, che comporta la necessità di apprezzare gli effetti prodotti, nel tempo, da ogni rimessa operata dal fallito; di modo che, qualora l’effetto dell’abbattimento dell’esposizione debitoria non persista, perché vanificato da successive operazioni da conteggiare a debito dello stesso correntista, la revocabilità della rimessa è da escludere.

Questo accertamento va condotto caso per caso, ossia rimessa per rimessa, per verificare se ciascun versamento sia stato, o no, riassorbito entro la cornice temporale considerata e, quindi, se abbia effettivamente ridotto il debito del correntista. È soltanto in esito a questa verifica, ossia all’individuazione delle rimesse da revocare, che l’art. 70, comma 3, l. fall. determina la somma da restituire con riguardo al rapporto complessivo, così ponendo un limite all’obbligo di restituzione.

Secondo la Cassazione, la Corte di merito, pur dichiarando di volersi attenere a questi principi, nella sostanza li ha disapplicati con riguardo al requisito della durevolezza, posto che, in relazione a quello della consistenza, le parti non dubitano della correttezza della soglia individuata dal CTU.

La Suprema Corte nella motivazione ha richiamato preliminarmente la disciplina delle garanzie finanziarie di cui al d.lgs. n. 170/2004, deputato all’attuazione della direttiva n. 2002/47/CE, alla luce della quale va interpretato. Scopo della direttiva è favorire l’integrazione e l’efficienza del mercato finanziario dell’Unione Europea secondo cui da un lato va preservata la certezza giuridica e l’efficacia delle garanzie finanziarie, dall’altro lato va evitato il rischio di frode perseguendo l’«equilibrio tra l’efficienza del mercato e la sicurezza delle parti e dei terzi».

Pertanto, nel sistema delineato dalla direttiva è escluso che l’esercizio del diritto di escussione delle garanzie finanziarie possa essere subordinato all’osservanza di formalità e, che, quindi, possa essere «inibito, di per sé, dal successivo avvio di una procedura d’insolvenza nei confronti del datore della garanzia». La deroga a «talune disposizioni delle legislazioni nazionali sull’insolvenza» dev’essere ragionevole, ossia ancorata a criteri oggettivi, e proporzionata.

In particolare, è l’art. 8 della direttiva a prevedere che «un contratto di garanzia finanziaria, nonché la fornitura della garanzia finanziaria in virtù di tale contratto, non possono essere dichiarati nulli, annullabili o essere resi inefficaci soltanto in base al fatto che il contratto di garanzia finanziaria è stato perfezionato, ovvero la garanzia finanziaria è stata fornita: (…) nel corso di un determinato periodo antecedente all’avvio di tali procedure [di insolvenza]».

Infine, la Cassazione ha completato il suo excursus normativo dando atto che, con l’art. 9 d.lgs. n. 170/04, il legislatore nazionale ha senz’altro garantito l’effetto utile della direttiva, là dove ha stabilito che la prestazione di garanzia finanziaria e il relativo contratto non possono essere dichiarati inefficaci nei confronti dei creditori «soltanto in base al fatto che la prestazione della garanzia finanziaria o il sorgere dell’obbligazione finanziaria garantita siano avvenuti: (…) b) il giorno di apertura della procedura medesima e dopo il momento di apertura di detta procedura, qualora il beneficiario della garanzia possa dimostrare di non essere stato, né di aver potuto essere, a conoscenza dell’apertura della procedura», sì da introdurre una chiara deroga all’art. 44 l. fall. ma senza incidere significativamente sul disposto normativo di cui all’art. 67, comma 2, l. fall. Secondo la Corte, il diritto interno è coerente con quello unionale. Infatti la disciplina nazionale della revocatoria fallimentare non conosce rilievo, di per sé, al mero fatto della prestazione della garanzia o della stipulazione del relativo contratto nel c.d. periodo sospetto, ma richiede, oltre a tale presupposto oggettivo, anche la necessaria sussistenza di quello soggettivo, dato dalla consapevolezza del beneficiario dell’insolvenza del datore della garanzia. La sussistenza di questo secondo presupposto è ragionevolmente coerente, e quindi proporzionata, rispetto allo scopo della direttiva di «assicurare, da un lato, certezza giuridica ed efficacia delle garanzie finanziarie, a presidio dell’efficienza del mercato, e, dall’altro, sicurezza delle parti e dei terzi, anche per scongiurare le frodi».


Visualizza documenti

FALLIMENTO: RIMESSE BANCARIE ED ESCUSSIONE DI PEGNI

Lascia un commento