A cura di Marcella Vulcano

“Il Codice cd. Antimafia. Un bilancio dopo dieci anni dall’introduzione del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159” è il titolo della Tavola Rotonda che venerdì 7 maggio inaugurerà la IX edizione del Corso di Alta Formazione per Amministratori giudiziari di Aziende e Beni Sequestrati e Confiscati (Afag). L’incontro di studi, che sarà moderato dal Coordinatore del Corso Afag, Prof. Avv. Gianluca Varraso, vedrà la partecipazione di autorevoli autori, indiscussi esperti in materia di misure di prevenzione patrimoniali, gestione, amministrazione e destinazione di beni e aziende sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Dopo i saluti del Prof. Antonio Albanese, Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche, Università Cattolica del Sacro Cuore, interverranno il Prefetto Bruno Corda Direttore dell’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, il Dott. Francesco Menditto, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Tivoli, la Dott.ssa Giuliana Merola, Consulente della Commissione Parlamentare Antimafia, il Dott. Fabio Roia, Presidente della Sezione Autonoma Misure di Prevenzione presso il Tribunale di Milano. Le conclusioni saranno affidate al Prof. Gabrio Forti Ordinario di Diritto penale, Università Cattolica del Sacro Cuore, Direttore Alta Scuola “Federico Stella” sulla Giustizia Penale (ASGP).

La legislazione in materia di misure di prevenzione è stata tradizionalmente caratterizzata da una notevole stratificazione normativa e da una estrema episodicità degli interventi legislativi, spesso fondati sull’emergenza e su esigenze politico-criminali contingenti e, in ogni caso, al di fuori di una visione organica e sistematica complessiva. Ciò ha dato vita ad un articolato normativo reso ancor più complicato da una serie di interventi della Corte costituzionale, oltre che da una serie di pronunce della Cassazione, anche a Sezioni Unite. Da qui l’esigenza di una sistemazione organica della disciplina delle misure di prevenzione a cui ha risposto il legislatore con la l. delega 13 agosto 2010, n. 136, che dava incarico al Governo di adottare un decreto legislativo recante il codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione. La relazione illustrativa motivava la ragione dell’intervento nella «copiosità della legislazione – che investe una pluralità di ambiti, sostanziale, processuale, penitenziario e amministrativo – e dalla sua eccessiva frammentazione e stratificazione nel corso degli anni. Una situazione che, soprattutto per specifici profili della normativa antimafia (in particolare per le misure di prevenzione), rende difficile all’interprete una ricostruzione esaustiva della disciplina vigente, nonché problematica una sua effettiva ed efficace applicazione». Si precisava che si proponeva un’operazione non meramente compilativa ma «la redazione di un testo unico, che dovrebbe porsi come un vero e proprio codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione ed esaurire in sé tutta la disciplina della materia al fine di riordinare e innovare la normativa antimafia, ivi compresa quella già contenuta all’interno del codice penale e del codice di procedura penale, nonché quella relativa alle misure di prevenzione, frutto di una copiosa e frammentaria produzione legislativa, stratificatasi nel corso degli anni in numerosi provvedimenti».

L’attuale Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, adottato con il d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, costituisce, dunque, il punto di approdo di un tormentato percorso legislativo che la materia di prevenzione ha compiuto in oltre un secolo e mezzo per contrastare fenomeni associativi di stampo mafioso.

L’opera del legislatore in materia di misure di prevenzione, peraltro, non si è affatto arrestata al 2011. Anzi, la disciplina legislativa delle misure di prevenzione è in continuo aggiornamento. L’intervento più significativo di novellazione del codice antimafia è stato realizzato con la l. 17 ottobre 2017, n. 161 (c.d. riforma Orlando), contenente «Modifiche al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, al codice penale e alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale e altre disposizioni. Delega al Governo per la tutela del lavoro nelle aziende sequestrate e confiscate», entrato in vigore il 19 novembre 2017. Si tratta di una riforma organica del codice antimafia che ha interessato circa 50 articoli del decreto legislativo 159/2011, che non si limita ad intervenire sulla disciplina sostanziale e processuale delle misure di prevenzione personali e patrimoniali, ma che si estende anche all’amministrazione, gestione e destinazione dei beni confiscati e al regime di tutela dei terzi.

Il legislatore di fronte alla sempre più accentuata vocazione imprenditoriale delle mafie, preso atto che il fenomeno dell’infiltrazione mafiosa nell’attività d’impresa si è affinato, declinandosi in una varietà di situazioni, ha compreso la necessità di mettere in campo nuovi e più duttili strumenti di bonifica aziendale in alternativa a quelli ablatori. La legge del 17 ottobre 2017, n. 161, introducendo nuovi strumenti e ammodernando quelli già presenti, ha aperto la strada ad una «prevenzione del dialogo» nella quale la negoziazione fra Autorità giudiziaria e imprenditore diviene essenziale per portare effettivamente all’interno delle organizzazioni aziendali dei progetti condivisi di protezione del valore azienda, attraverso programmi di bonifica, resi effettivi dalla compenetrazione necessaria fra competenze giuridiche e aziendalistiche. In particolare, tra le principali novità si evidenziano le modifiche all’istituto dell’amministrazione giudiziaria, di cui all’art. 34 e l’introduzione del controllo giudiziario delle imprese a rischio di infiltrazione mafiosa all’art. 34-bis, collocati, appunto, nella sezione del codice antimafia che disciplina le misure di prevenzione diverse dalla confisca. Con tali strumenti si autorizza un’ingerenza da parte dello Stato all’interno delle aziende che fiancheggino o siano a rischio-contaminazione con le organizzazioni mafiose, senza disporre, però, una totale estromissione dei soggetti titolari dalla gestione delle attività economiche. L’intervento statale mira ad una profilassi prima che l’organismo economico finisca per avvantaggiare l’agire criminoso di soggetti che hanno come obiettivo quello di dominare il mondo imprenditoriale e che venga definitivamente attratto nella loro orbita di influenza, accrescendone in tal modo, la forza economica e le capacità di penetrazione del mercato. Tali misure sono accomunate dalla identica ratio normativa della conservazione delle imprese, in una logica rivolta al loro reinserimento nel circuito dell’economia legale, una volta depurate degli aspetti di illegalità e di interferenza con soggetti o gruppi criminali. Il minimo comune denominatore è rappresentato dall’assenza dei presupposti per addivenire all’applicazione della misura del sequestro finalizzato alla confisca, dalla condotta indirizzata ad agevolare gli interessi mafiosi, dalla terzietà dell’impresa sottoposta a misura riabilitativa.

Il concetto di “agevolazione” è stato diversamente declinato nell’uno e nell’altro caso. Per l’amministrazione giudiziaria il requisito dell’agevolazione è stato fortemente circoscritto grazie ad un’interpretazione rigorosa, secondo la quale per condotta agevolatrice debba intendersi quell’attitudine comportamentale atta a rivelare una obiettiva commistione di interessi tra le attività delittuose dell’agevolato e l’attività dell’impresa agevolante. Nel controllo giudiziario, la condotta di agevolazione presenta contorni meno stringenti, in quanto l’art. 34-bis la correla all’elemento dell’occasionalità. Il contributo illecito, dunque, sarà sanzionabile qualora si mostri soltanto episodico, differenziandosi, in questo modo, da quello stabile e continuativo richiesto dall’art. 34.

I ‘nuovi’ strumenti giuridici sono contrassegnati da un diverso livello di invasività dell’intervento giudiziario, cui corrisponde un ventaglio di possibili interrelazioni tra l’attività di impresa e il crimine organizzato. La novella del 2017 ha congegnato un sistema prevenzionale “progressivo” andando a coprire tutti i segmenti comportamentali che il soggetto criminale può porre in essere per acquisire potere e consensi, soprattutto nelle trame più fragili della realtà imprenditoriale.

Il criterio da seguire nell’applicazione delle misure preventive deve essere, dunque, quello della gradualità, espresso nelle diverse ipotesi di:

– situazioni di pericolo concreto di infiltrazioni mafiose nell’esercizio delle attività di impresa con occasionale agevolazione delle finalità perseguite dalla persona pericolosa, con applicazione del controllo giudiziario introdotto dal novello art. 34-bis d.lgs. n. 159/2011;

– attività di impresa che nasce libera e non inquinata ma che risulta oggetto – per così dire, ex post – di condizionamento (anche in un settore specifico o in una particolare realtà territoriale) da parte dell’ente mafioso o che finisce per agevolare, almeno in parte ma in modo stabile, le attività di persone portatrici di pericolosità, per la quale trova applicazione la disciplina dell’amministrazione giudiziaria ex art. 34 d.lgs. n. 159/2011;

– beni costituiti in azienda che risultino essere la proiezione economica della pericolosità del proposto in via diretta, nei confronti dei quali trova applicazione l’istituto del ‘classico’ sequestro preordinato alla confisca il cui obiettivo è l’esproprio pubblico di cespiti aziendali ritenuti frutto o reimpiego di attività illecite.

La finalità è quella di evitare interventi incisivi sulle attività economiche e aziendali, di assicurare la conservazione del bene nel rispetto delle sue peculiarità produttive ed anche in prospettiva della possibile restituzione al suo titolare previa bonifica dalle contaminazioni illecite. Per questo motivo il tribunale ha l’obbligo di motivare sulle ragioni che escludono di applicare le misure alternative al sequestro e impongono l’intervento interinale di massimo rigore sulla res.

La novella del 2017, nella ricerca di una possibile sintesi tra il libero esercizio dell’attività d’impresa ed un’efficace prevenzione dell’infiltrazione mafiosa nell’impresa, ha potenziato, dunque, quelle misure di tipo alternativo al paradigma confiscatorio, evidenziandone un’attitudine di pari grado nel neutralizzare i condizionamenti criminali sulle realtà economiche. Ciò in quanto una efficace strategia di prevenzione delle infiltrazioni criminali nelle attività economiche deve conciliarsi con la opposta esigenza di salvaguardare i preminenti interessi collettivi che trovano soddisfacimento e tutela nell’esercizio dell’attività imprenditoriale.

Si è andata progressivamente affermando, quindi, una linea evolutiva dell’ordinamento che, sia in ambito giurisdizionale che amministrativo, di pari passo con il superamento di un approccio esclusivamente punitivo e repressivo al crimine organizzato, tende alla individuazione di svariati strumenti alternativi di matrice preventiva e di controllo, calibrati sul diverso grado di interferenza criminale, che mirano a salvaguardare la continuità dell’attività dell’impresa, anche nella prospettiva terapeutica di una sua bonifica e successiva riabilitazione. Il legislatore, nella ricerca di un faticoso punto di equilibrio, ha guardato alle mutate realtà socio-economiche tenendo nella giusta e dovuta considerazione le esigenze di salvaguardia della proprietà privata e della libertà di iniziativa economica, entrambi valori di rango costituzionale, nonché la tutela del principio della prosecuzione dell’attività d’impresa, con una particolare attenzione alle inevitabili conseguenze sul piano sociale di una strategia di contrasto che, in mancanza di strumenti idonei, sarebbe impossibilitata a mediare tra i vari interessi in gioco, determinando molti di essi pesanti ricadute sui livelli occupazionali e sulla stessa efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa.

I nuovi istituti hanno posto non pochi problemi di interpretazione, in particolare il controllo giudiziario delle aziende, con riferimento, ad esempio, al regime delle impugnazioni e al coordinamento con le interdittive antimafia e i commissariamenti prefettizi antimafia.

Il codice antimafia anche dopo la riforma di ampio respiro del 2017 si è dimostrato un corpo legislativo in continuo divenire. A distanza di appena un anno, infatti, la disciplina delle misure di prevenzione è stata nuovamente ritoccata dal d.l. 4 ottobre 2018, n. 113, conv. con modif. dalla l. 1° dicembre 2018, n. 132, e dalla l. 19 luglio 2019, n. 69 (c.d. codice rosso), provvedimenti che hanno integrato rispettivamente il catalogo delle prescrizioni accessorie alla sorveglianza speciale e la fattispecie di pericolosità di cui all’art. 4, lett. i-ter) del codice antimafia. Più recentemente è intervenuto il d.lgs. 14/2019 recante “codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza” con l’intento di definire in via normativa criteri di coordinamento tra le procedure concorsuali e le misure cautelari penali. Di fronte alla concorrenza di numerose e variegate forme ablative dei patrimoni illeciti “si crea un vero e proprio traffico delle precedenze tra processo penale, cautelare, di prevenzione e fallimentare»” al quale peraltro il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (d.lgs. 14/2019) ha inteso porre rimedio completando il percorso già iniziato con il c.d. codice antimafia (d.lgs. 159/2011). Per i rapporti e le sovrapposizioni tra le procedure liquidatorie ed il sequestro finalizzato alla confisca il d.lgs. 14/2019, all’art. 317, contrariamente alle altre ipotesi, ha operato un rinvio al codice antimafia, segnatamente gli artt. 63 e 64 del d.lgs. 159/2011, inseriti nel Capo III “Rapporti con le procedure concorsuali”, disposizioni che, come noto, favoriscono in linea di principio il sequestro e disciplinano separatamente le fattispecie a seconda che la misura cautelare reale intervenga prima o dopo il sequestro.

Volendo operare un bilancio a 10 anni dall’introduzione del del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, si può affermare che pur con i suoi limiti e con i suoi difetti, il “Codice Antimafia”, è un testo unitario che disciplina gli aspetti sostanziali e processuali delle misure di prevenzione note al nostro ordinamento, che ha il merito, quanto meno, di aver ricondotto in un corpo organico il frammentario materiale normativo preesistente, nonché di aver introdotto nuove disposizioni, in particolare in materia di tutela dei terzi. Da più parti, sia dai ‘teorici’ che dai ‘pratici’, si sono sollevate critiche alla novella del 2017, che non sarebbe riuscita a trovare soluzioni alle aporie che pure erano state segnalate in sede di riforma e che ancora oggi sono destinate a trovare soluzioni sempre più raffinate nella fertilissima prassi delle misure di prevenzione patrimoniale e nell’ instancabile opera d’interpretazione di dottrina e giurisprudenza.

Resta da auspicare che de iure condendo il legislatore intervenga a razionalizzare un impianto normativo, che si conferma un cantiere ancora aperto, che sotto diversi aspetti presenta profili di incertezza giuridica, quando non addirittura vuoti di tutela, che non possono essere sempre risolti dalla giurisdizione in via suppletiva, costringendo il diritto pretorio ad interpretazioni sempre più creative. Il principio della certezza delle situazioni giuridiche impone, infatti, norme che provenendo dal legislatore garantiscano chiarezza e stabilità del diritto oggettivo.


Locandina ASGP – Convegno inaugurale AFAG

IL CODICE CD. ANTIMAFIA. UN BILANCIO DOPO DIECI ANNI DALL’INTRODUZIONE DEL D.LGS. 6 SETTEMBRE 2011, N. 159

2 thoughts on “IL CODICE CD. ANTIMAFIA. UN BILANCIO DOPO DIECI ANNI DALL’INTRODUZIONE DEL D.LGS. 6 SETTEMBRE 2011, N. 159

  • 19 Maggio 2021 alle 11:00
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    è possibile avere un file con la registrazione del convegno che purtroppo ho perso?
    Seguo sempre con molto interesse ciò che fate in quanto contribuisce ad ampliare le conoscenze che utilizzo nella mia attività . Sono socio fondatore di Manager White list e come manager opero da anni a fianco delle Amministrazioni Giudiziarie e su richiesta del Tribunale di Prevenzione per gestire e “far sopravvivere” aziende sotto sequestro /confisca.
    Grazie , Marcello Laccisaglia

  • 4 Settembre 2021 alle 10:17
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    Gentile Dottore purtroppo trattandosi di un evento di cui l’associazione non ha la titolarità non siamo in possesso di una registrazione.
    Per tutti gli eventi Advisora, invece, può consultare il canale Youtube:

    https://www.youtube.com/c/AdvisoraItalia

    Cordiali Saluti

    Avv. Marcella Vulcano Socio Fondatore – Direttore Scientifico – Presidente Advisora

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