A cura di Rossella Ceccarini

CORTE DI CASSAZIONE, Sezione IV Penale, sentenza n. 22683 del 21.04.2023, depositata il 26.05.2023

La Quarta Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 22683 del 21.04.2023 depositata il 26.05.2023 afferma che permane la responsabilità amministrativa dell’ente anche se il reato commesso da chi riveste in azienda la posizione di garanzia risulta prescritto quando emerge che dal comportamento illecito del responsabile ne è derivato un risparmio per la società che ha mancato di garantire e aggiornare gli strumenti per assicurare la sicurezza.

Il caso sottoposto al vaglio della Suprema Corte di Cassazione riguarda un ricorso avverso una sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Trieste che, in parziale riforma della sentenza del Tribunale monocratico di Gorizia, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di (…) per essersi il reato ascritto estinto per intervenuta prescrizione, revocando la sanzione del divieto di contrattare con la PA disposta a carico dell’ente e confermando nel resto la sentenza impugnata.

Proponeva ricorso per Cassazione (…) s.p.a. deducendo tra i motivi l’errata attribuzione della posizione di garanzia all’imputato persona fisica, nonché della qualità di cui all’art. 5, comma 1, lett. a) d.lgs. n. 231/01, e la violazione degli artt. 6 e 25-septies d.lgs. n. 231/01.

La Suprema Corte ha rilevato come la corte territoriale abbia fatto corretta applicazione del principio secondo cui, in tema di responsabilità degli enti, in presenza di una declaratoria di prescrizione del reato presupposto, ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 231/2001, il giudice deve procedere all’accertamento autonomo della responsabilità amministrativa della persona giuridica nel cui interesse e nel cui vantaggio l’illecito fu commesso che, però, non può prescindere da una verifica, quantomeno incidentale, della sussistenza del fatto reato (Sez. IV, n. 22468 del 18/04/2018; Sez. VI, n. 21192 del 25.01.2013).

Ricorda la Corte come l’art. 5 d.lgs. n. 231/2001 stabilisce che l’ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio: a) da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso; b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a). Secondo la Corte di legittimità nel caso di specie l’infortunio è stato causato da una prassi lavorativa attuata in violazione delle prescrizioni delle linee guida e pertanto, come anche affermato dai giudici di appello, è certo che l’ente abbia realizzato un proprio interesse o comunque abbia conseguito un vantaggio. Sul punto viene richiamata la giurisprudenza della Suprema Corte che, al fine di adeguare la nozione di interesse e vantaggio ai reati di natura colposa come quello oggetto del presente procedimento, ha chiarito che in tema di responsabilità amministrativa degli enti derivante dal reato di lesioni personali aggravate dalla violazione della disciplina antinfortunistica, sussiste l’interesse dell’ente nel caso in cui l’omessa predisposizione dei sistemi di sicurezza determini un risparmio di spesa, mentre si configura il requisito del vantaggio qualora la mancata osservanza della normativa cautelare consenta un aumento della produttività (Sez. IV, n. 24697 del 20/4/2016, nella cui motivazione si è affermato che la responsabilità dell’ente non può essere esclusa in considerazione dell’esiguità del vantaggio o della scarsa consistenza dell’interesse perseguito, in quanto anche la mancata adozione di cautele comportanti limitati risparmi di spesa può essere causa di lesioni personali gravi; conf. Sez. IV, n. 2544 del 17/12/2015, dep. 2016).

Infine, con riferimento all’omessa verifica sull’adozione e sull’idoneità del modello organizzativo, la Corte evidenzia come il modello organizzativo adottato ed acquisito in corso di istruttoria non era stato efficacemente attuato, come richiesto dall’art. 6, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 231/2001, rilevando che, pur essendosi provveduto all’analisi delle macro-attività sensibili ex art 25-septies, manca la previsione di una costante attività di monitoraggio sulle misure prevenzionistiche approntate in azienda e di adeguamento della specifica procedura lavorativa ai rischi propri dell’attività.


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LESIONI COLPOSE AGGRAVATE DALLA VIOLAZIONE DELLA NORMATIVA ANTINFORTUNISTICA E RESPONSABILITA’ DELL’ENTE

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